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duediundici
e ti amerò che tu sia appoggiato sulla lingua di Dio o fra i peli del Diavolo, nei pilastri del paradiso o fra le gote di ogni viso, luce liquida per tornare a dormire, non ho piedi per camminare ne inchini che devo vestire ma in ginocchio ti posso sentire, nella fiamma del cero che osanna i nomi che sono stato, il mostro morto, l’eterno soldato, Giovanni, Luca, Matteo, Daniele, signori dei bimbi persi nei Santi ventri percossi nei cimiteri dei gabinetti, tu che sei anche il mio di Signore, quello che porta in paradiso anche se abbiamo deciso di essere carne serviti per cena, la selvaggina da conservare perché di nuovo arriva il Natale, la religione di ogni preghiera, il sole che affetta la sera per riposare senza più fiato, spento abbracciato al sentimento dell’ Undicesimo Comandamento; oh mio Signore come sono contento di essere sangue occulto perso nel gabinetto, strappami gli arti, succhiami il colore, sono la copia ideale dell’uomo che muore con l’occhio oltre il cielo di quello che vedo nell’immutabile tempo, l’ombra del cuore si inginocchia all’Undicesimo Comandamento
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